Tassa annuale per la numerazione e bollatura dei Libri Sociali

Entro il 16 marzo p.v., ai sensi dell’art. 23 della Tariffa allegata al D.P.R. 641/1972, dovrà essere versata, o eventualmente compensata con altri tributi a credito, la consueta “tassa annuale sulla vidimazione dei libri sociali” dovuta da tutte le società di capitali (S.p.A., S.r.l., S.a.p.a.) e gli enti commerciali.

L’importo della tassa è pari ad Euro 309,87, elevato ad Euro 516,46 per tutte le società il cui capitale sociale o fondo di dotazione alla data del 1° gennaio 2023 è superiore ad Euro 516.456,90.

Il versamento dovrà essere effettuato in via telematica, a mezzo modello F24, con il codice tributo 7085.

Composizione negoziata di gruppo. Misure cautelari e protettive. Presupposti ed estensione

Con ordinanza del 27 Febbraio 2023, il Tribunale di Ravenna si è pronunciato in tema di misure protettive e cautelari nell’ambito della composizione negoziata di gruppo.

Nel pronunciarsi sull’istanza di conferma delle misure protettive ex art. 19 CCI avanzata da un gruppo di imprese, il Tribunale si è soffermato sui seguenti punti, di particolare rilievo giuridico: (i) la compatibilità tra la composizione negoziata di gruppo ex art. 25 e ss CCII e la prevista messa in liquidazione di alcune società del gruppo; (ii) la possibilità di addivenire all’omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 57 e ss CCII all’esito delle trattative condotte in composizione negoziata; (iii) la sussistenza dei presupposti per la concessione delle misure protettive nei confronti di società per le quali non è prevista la continuità ma viene, appunto, ipotizzata la liquidazione.

Con riguardo alla perseguibilità del risanamento, quale presupposto della composizione negoziata, il Tribunale ha affermato che tale principio subisce una rilettura nel caso di composizione negoziata di gruppo: “concordemente alla ratio che ispira l’art. 25 CCI, appare necessario doversi apprezzare l’aggregazione societaria, e così il suo risanamento, adottando una prospettiva di tipo sostanziale, che consenta, cioè, di identificare il gruppo quale complesso delle sinergie organizzative e gestionali […]. Di modo che possa ritenersi […] che la continuità di gruppo sussista ogniqualvolta tali sinergie risultino, all’esito del risanamento, sostanzialmente preservate, sia pur nel quadro di un ridimensionamento del perimetro di gruppo.”

Il Tribunale ha, dunque, chiarito che la previsione, nell’ambito della composizione negoziata di gruppo, della liquidazione di alcune società non contraddice la sussistenza di una prospettiva ragionevole di risanamento del gruppo, dal momento che “il valore della continuità del gruppo non corrisponde alla somma atomistica di quello delle sue componenti, potendo appressarsi indipendentemente dalle sorti di taluna di queste ultime”.

Sotto altro profilo, il Giudice ha chiarito che l’omologazione di un accordo ex art. 57 e ss. CCI (accordo di ristrutturazione) è normativamente configurata quale soluzione praticabile in esito alla composizione negoziata, sia pur secondariamente rispetto alle opzioni favorite al primo comma dell’art. 23 CCI. Nulla impedisce dunque all’imprenditore che chieda la nomina dell’Esperto di assumere, già in partenza, l’obiettivo secondario di omologazione di un accordo di ristrutturazione.

Tanto sopra chiarito, il Tribunale ha confermato le misure protettive a favore delle sole società per le quali è stata prevista la continuità, escludendole nei confronti delle società per le quali è stata prospettata la liquidazione.

Nel vaglio dei presupposti che sottendono la conferma delle misure protettive, il Giudice si è soffermato sulla compatibilità concettuale tra risanamento e cessazione dell’attività.

Il Tribunale, dapprima valorizzando la logica unitaria della continuità di gruppo, ha chiarito che potrebbe riconoscersi utilità ad uno stay protettivo esteso all’intero perimetro societario ove, per esempio, la prospettiva di ragionevole risanamento del gruppo, per la parte destinata alla prosecuzione dell’impresa, potrebbe nutrirsi di un programma liquidatorio di tipo coordinato ed accentrato, tale, dunque, da fondare l’interesse ad una estensione dell’efficacia protettiva delle misure al più ampio raggio possibile.

Tuttavia, nel caso di specie, il piano di risanamento depositato dalla società holding non specificava né le ragioni di coordinamento ed accentramento che avrebbero potuto legittimare l’utilità di uno stay protettivo complessivo, né le ragioni economiche sottese alla richiesta di protezione anche delle società con prospettive di liquidazione.

In ragione di quanto sopra, il Tribunale, con l’ordinanza che qui si commenta, ha confermato le misure protettive di cui all’art. 18 commi 1, 4 e 5 CCI, limitatamente alle società per le quali è prevista la continuità aziendale, per la durata massima di 120 giorni.

 

Tribunale di Ravenna, ordinanza del 27 febbraio 2023

La riforma del processo civile. Procedure esecutive. La vendita diretta

Il Decreto Legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, noto come Riforma “Cartabia”, ha introdotto un nuovo istituto nel processo di espropriazione immobiliare disciplinato dagli artt. 568 bis e 569 bis c.p.c.: la “Vendita Diretta”.

Il Legislatore, con l’introduzione di questa novità, mira a rendere più rapido il processo di esecuzione immobiliare contendo i costi e favorendo le operazioni di vendita dell’immobile mediante la collaborazione del soggetto esecutato.

In virtù di tale nuovo istituto, il debitore, mediante apposita istanza, da presentarsi almeno dieci giorni prima che venga disposta la vendita dell’immobile, ha la facoltà di chiedere al Giudice dell’Esecuzione la vendita diretta del cespite immobiliare pignorato ad un soggetto terzo rispetto alla procedura esecutiva.  

L’art. 568 bis c.p.c. prevede, a pena di inammissibilità, che il debitore possa depositare l’istanza di vendita diretta una sola volta e che quest’ultima debba essere corredata dall’offerta d’acquisto irrevocabile e dal versamento di una cauzione il cui importo non deve essere inferiore ad un decimo del prezzo offerto.

Il Legislatore precisa, inoltre, che è onere del debitore esecutato o del terzo offerente provvedere alla notifica dell’istanza di vendita diretta al creditore procedente, ai creditori iscritti e a quelli intervenuti prima dell’offerta almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 569 c.p.c..

Il Giudice dell’Esecuzione, in assenza di opposizione dei creditori, dichiara ammissibile l’offerta, aggiudica l’immobile all’offerente stabilendo che quest’ultimo provveda, a pena di decadenza, al versamento del prezzo stabilito entro i successivi novanta giorni.

Decreto Legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, art. 3 comma 39. Riforma “Cartabia”

Diritto commerciale. Locazione operativa. Il discrimen rispetto alla fattispecie della locazione finanziaria

Con sentenza n. 974 del 7 febbraio 2023, la sesta sezione del Tribunale di Milano si è pronunciata in tema di locazione operativa, evidenziando gli elementi che distinguono detta fattispecie contrattuale dalla locazione finanziaria.

La ricorrente sosteneva in giudizio che il contratto concluso tra le parti dovesse essere inquadrato nell’alveo del leasing finanziario, con conseguente ritenuta nullità dello stesso per mancata iscrizione della società resistente nell’apposito albo di cui all’art. 106 TUB. In ragione della tesi sostenuta, la ricorrente richiedeva, quindi, la restituzione di tutti i canoni di locazione corrisposti in vigenza del contratto.

Il Giudice meneghino ha rigettato le domande della società ricorrente ed escluso la natura finanziaria del contratto, valorizzando (i) il nome attribuito dalle parti al contratto (“locazione operativa”) e, soprattutto, (ii) l’assenza di un’opzione di riscatto del bene da parte del conduttore, esclusa dalle clausole contrattuali. Nello specifico, il Tribunale ha infatti accertato che il contratto sottoposto al suo vaglio prevedesse che, al termine della locazione, il conduttore fosse espressamente tenuto a restituire, a proprie cure e spese, il bene al locatore (pattuizione caratteristica della locazione operativa).

Conformemente a quanto sancito da Banca d’Italia, dall’Agenzia delle Entrate ed a quanto previsto all’art. 1 c. 136 della L. 124/2017, Il Tribunale ha dunque statuito che la locazione finanziaria è caratterizzata proprio dalla necessaria presenza dell’opzione di acquisto finale del bene in favore dell’utilizzatore, invece esclusa nella locazione operativa.

Così argomentando, il Tribunale di Milano ha quindi accertato che il contratto sottoposto al suo vaglio rientrasse nell’ambito della mera locazione operativa, escludendo qualsiasi profilo di nullità dello stesso.

 

Tribunale di Milano, sentenza n. 974/2023 del 07 febbraio 2023

CSRD: il Consiglio UE ha approvato il testo della direttiva sul reporting di sostenibilità delle imprese

Dopo l’ok del Parlamento Europeo dello scorso 10 novembre, anche il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato in via definitiva la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la direttiva che estende gli obblighi di rendicontazione sui temi ESG (Environmental, Social e Governance) ad una platea sempre più ampia di imprese.

Le nuove norme sul reporting di sostenibilità si applicheranno:

  • a partire dal 1° gennaio 2024, alle grandi imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti,
  • dal 1° gennaio 2025, a tutte le grandi imprese con più di 250 dipendenti e/o un fatturato di 40 milioni di euro e/o 20 milioni di euro di attività totali
  • dal 1° gennaio 2026, a tutte le altre società quotate sui mercati regolamentati (ad eccezione delle microimprese), incluse le PMI quotate, per le quali tuttavia è prevista un’esenzione dall’obbligo fino al 2028.

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2022-0059_EN.html

Diritto all’oblio: il Garante può ordinare la deindicizzazione globale

Con Ordinanza n. 34658, pubblicata il 24 novembre 2022, la Corte di Cassazione ha sancito che, in ossequio al c.d. “diritto all’oblio” previsto dal GDPR, il provider è tenuto a dare seguito alle istanze di rimozione degli URL, anche con riguardo alle versioni extraeuropee del motore di ricerca.

La prima Sezione civile della Suprema Corte ha, infatti, accolto il ricorso del Garante della Privacy contro Google Llc, Google Italy Srl, riformando la decisione assunta dal Tribunale di Milano nel settembre 2020, che aveva limitato il provvedimento precedentemente assunto dal Garante, riducendolo all’ordine di rimozione degli URL sulle versioni del motore di ricerca dei soli paesi dell’Unione europea interessati.

La Corte ha chiarito che l’assunzione di una siffatta decisione impone il necessario bilanciamento tra il diritto della persona interessata alla tutela della sua vita privata ed alla protezione dei suoi dati personali e il diritto alla libertà di informazione, da operarsi sulla base delle normative applicabili nello Stato europeo in cui la richiesta viene formulata o, al più, nell’ambito dei sistemi giuridici degli Stati membri dell’UE.

Resta fermo che i Paesi estranei all’Unione Europea potranno anche non tenere conto di tale ordine, restando impregiudicata la possibilità per questi ultimi di non riconoscere il provvedimento o la decisione giurisdizionale che lo ha ritenuto legittimo.

Cassazione Civile, Ordinanza n. 34658/2022 del 24 novembre 2022

https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2022/11/25/34658.pdf

Doveri del Collegio Sindacale secondo il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza

Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCI), modificato dal D.Lgs. n. 83/2022 ed entrato in vigore il 15 luglio 2022, incide direttamente sui doveri degli organi sociali ed in particolare del Collegio Sindacale, già chiamato dal Codice Civile a vigilare sull’adeguatezza e sul concreto funzionamento degli assetti organizzativi ed ora rafforzato, siccome evidenziato da Assonime nella Circolare n. 27/2022 nei suoi doveri di controllo dal CCI, al fine di poter rilevare tempestivamente una eventuale crisi e perdita di continuità aziendale nelle situazioni di difficoltà economica della società controllata.

 Al Collegio Sindacale è richiesto:

  1. un controllo ex ante, per rilevare eventuali mancanze o irregolarità che devono essere segnalate tempestivamente agli amministratori, così da instaurare con i medesimi una dialettica collaborativa e continuativa.
  2. Di segnalare per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata.

Il Collegio Sindacale viene avvertito:

  • dai creditori pubblici qualificati del superamentodi determinate soglie di attenzione, così come previste dagli artt. 25-novies e seguenti del CCI;
  • delle variazioni, revisioni o revoche degli affidamentiin corso comunicate al cliente, dalle banche e dagli altri intermediari finanziari di cui all’art. 106 del Testo Unico Bancario.

A differenza di quanto previsto nella versione originaria del decreto introduttivo del CCI, gli obblighi di vigilanza sugli assetti e di segnalazione all’organo di amministrazione, gravano ora in capo al solo organo di controllo e non, ove presente, al soggetto incaricato della revisione legale.

Dall’Agenzia delle Entrate chiarimenti su imposizione diretta e indiretta dei trust

Con la Circolare n. 34/E del 20 ottobre 2022, l’Agenzia delle Entrate (AdE) ha fornito indicazioni sulla disciplina fiscale dei trust.

In linea con le novità introdotte a partire dal periodo di imposta 2020 con D.L. 124/2019, l’AdE  chiarisce l’imposizione diretta delle “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia, provenienti da trust stabiliti in giurisdizioni che, con riferimento al trattamento dei trust, si considerano a fiscalità privilegiata.

Tanto la novella normativa che, ora, la Circolare AdE forniscono regole certe e chiare per l’imposizione delle “attribuzioni” da parte di trust opachi, ovvero di trust senza beneficiari di reddito individuati, per evitare che la residenza fiscale del trust in un Paese con regime fiscale privilegiato, comporti la sostanziale detassazione dei redditi attribuiti ai soggetti italiani.

– Sono inclusi tra i redditi di capitale anche i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che, con riferimento ai redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata.

– Si presume reddito, con una presunzione “relativa” suscettibile, dunque, di prova contraria, qualunque attribuzione in relazione alla quale non sia possibile distinguere se trattasi di corresponsione di reddito ovvero di patrimonio dal trust ai beneficiari.

Lato imposizione indiretta, recependo gli ultimi orientamenti della Suprema Corte di Cassazione, l’AdE chiarisce che l’atto istitutivo del trust con la “dotazione” di beni e diritti nel fondo in trust, ai fini dell’applicazione della reintrodotta Imposta sulle Successioni e Donazioni, non dà luogo di per sé ad un effettivo trasferimento di beni o diritti e, quindi, ad un arricchimento dei beneficiari; pertanto l’istituzione del fondo in trust con l’assegnazione di beni e diritti è soggetta all’Imposta di Registro in misura fissa ex art. articolo 11 della Tariffa, parte prima, del d.P.R. n. 131 del 1986, mentre  l’Imposta sulle Successioni e Donazioni, ad aliquote proporzionali e franchigie previste in relazione al grado di parentela tra disponente e beneficiari, è rinviata al successivo momento di attribuzione dei beni e diritti dal trustee ai beneficiari, al compimento dello scopo del trust e/o suo scioglimento, anche in dipendenza di quanto disposto nel deed istitutivo.

Importante novità in tema di tassazione dei dividendi di fonte estera dalla Suprema Corte di Cassazione

Una delle più annose problematiche che i contribuenti si trovano ad affrontare in sede di dichiarazione dei redditi è proprio la doppia imposizione che essi sono costretti a subire per via del contesto normativo vigente in materia di tassazione dei dividendi esteri percepiti senza l’intervento di un intermediario.

Sino ad oggi, infatti, l’Agenzia delle Entrate, fornendo un’interpretazione molto restrittiva delle disposizioni di cui all’art. 27 del Dpr n. 600/73, ha sempre negato la possibilità di portare in detrazione l’ammontare dell’imposta estera pagata nello Stato alla fonte, riconoscendo tale eventualità solo allorquando nell’incasso del dividendo intervenisse un intermediario residente in veste di sostituto d’imposta.

Sul punto tuttavia è intervenuta la suprema Corte di Cassazione che, con la Sentenza n. 25698 pubblicata il 1° settembre 2022, ha stabilito che “per i redditi di capitale di fonte estera, direttamente percepiti dal contribuente, persona fisica, titolare di una partecipazione non qualificata in una partnership di diritto internazionale (nel caso, statunitense), qualora l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta – come nell’ipotesi di cui all’articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’articolo 18, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 – avvenga non «su richiesta del beneficiano del reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata in un Paese estero (nel caso, Stati Uniti d’America) si deve considerare detraibile”.

La Cassazione, pertanto, in dette situazioni, riconosce la possibilità di portare in detrazione l’imposta subita all’estero, equiparando i contribuenti che per l’incasso dei dividendi utilizzano o meno un intermediario residente, eliminando così un’ingiusta discriminazione che da sempre si consuma nel sistema tributario italiano.

L’intervento è particolare importante e fornisce una chiara interpretazione del dettato normativo interno in funzione delle Convenzioni contro le Doppie Imposizioni per il quale, ci si auspica un recepimento anche da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Cessione occulta d’azienda. Cessione di azienda non formalizzata e condanna della cessionaria “occulta” a rispondere dei debiti dell’azienda

Con sentenza n. 7808 del 10 ottobre 2022, il Tribunale di Milano ha accolto le domande dell’attrice e, ravvisando una cessione occulta d’azienda tra le società convenute, ha condannato entrambe a rispondere dei crediti maturati dall’attrice in forza del contratto a suo tempo intervenuto.

Sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, il Giudice ha accertato che la c.d. “cessionaria occulta” avesse acquisito, pur in assenza di una formale trascrizione, l’azienda della cedente (originaria controparte contrattuale dell’attrice).

Le convenute sono state quindi condannate in solido al pagamento dei crediti vantati dall’attrice, la cedente a titolo di responsabilità contrattuale, la cessionaria ai sensi dell’art. 2043 c.c., quale responsabilità extracontrattuale.

Quali indici rivelatori della intervenuta cessione occulta di azienda, il Giudice ha indicato le seguenti circostanze di fatto: (i) che il legale rappresentante delle due società fosse il medesimo soggetto, (ii) che la denominazione sociale delle stesse fosse pressoché identica, (iii) che le due società svolgessero la stessa attività e che (iv) le sedi legali di queste ultime fossero situate a pochi chilometri di distanza.  

La pronuncia in oggetto, ottenuta dal nostro studio in favore di una società cliente, si caratterizza per essere tra le poche che ad oggi si sono espresse sulla fattispecie della c.d. ^cessione occulta d’azienda^.

Tribunale di Milano, sent. n. 7808/2022 del 10 ottobre 2022