Nell’ambito delle operazioni soggettivamente inesistenti l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare anche la consapevolezza da parte del contribuente che l’operazione si inseriva nell’ambito di un’evasione fiscale. E’ il principio sancito dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la Sentenza del 10 novembre 2020, n. 25016.
La Suprema Corte ha inteso sottolineare l’importanza di estendere il perimetro dell’accertamento anche agli indizi di consapevolezza, ovvero all’accertare che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, secondo la diligenza parametrata alla sua attività professionale, della condotta antieconomica del fornitore. Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate aveva provato soltanto l’elemento della fittizietà del fornitore, fornendo, a supporto, fatture per acquisti effettuati “sotto costo” rispetto a quelli di mercato.